OPERATION DEFEND CHRISTIANIA

Un giocatore di GTA sarà quindi più portato ad uccidere passanti e rubare auto mentre quello di Pacman a fare un uso eccessivo di medicinali.
Un'interpretazione decisamente semplicistica alla quale purtroppo non si sottraggono nemmeno molti di quelli che cercano di usare questo medium per fini controinformativi o tattici.
L'ultimo [cattivo] esempio è Operation defend Christiania un gioco online che intende contribuire alla sacrosanta lotta contro lo sgombero di un quartiere libero di Copenhagen proponendo il seguente schema di gioco:

livello 1: colpisci i poliziotti con dell'hasish di cattiva qualità
livello 2: colpisci i cani poliziotto con dell'hasish di cattiva qualità
livello 3: colpisci le truppe speciali con dell'hasish di cattiva qualità
etc.

E' fuori discussione che un giochino, anche molto semplice, possa dare maggior visibilità mediatica ad una causa, specie se abbastanza particolare e localizzata come questa, ma una riflessione sulla qualità della comunicazione non guasta mai.
I media che poggiano sulla narrazione come il cinema possono suscitare nello spettatore quella rabbia e quell'indignazione necessaria ad una presa di posizione. Ma lo fanno attraverso un teorema che per quanto banale, falso o tendenzioso è sempre argomentato: gli indiani rapiscono una fanciulla, i cow boys la salvano ergo gli indiani sono cattivi e i cow boys buoni.
Nei videogiochi, specie in quelli d'azione, la narrazione riveste un ruolo assolutamente secondario, essi mostrano una situazione di conflitto e propongono al giocatore di risolverla attraverso un pattern ben preciso di azioni.
Gli autori di Operation defend Christiania informano dell'esistenza di uno scontro fra "autonomi" e poliziotti e mettendo il giocatore nei panni di un attivista sperano di convincerlo che quella sia la parte giusta. Probabilmente si aspettano anche che per effetto di una sorta di condizionamento operante dovuto alla ripetizione dell'azione ed all'accumulazione di punti, esso si unisca concretamente alla loro lotta.
Eppure questo non succederà a meno che il giocatore non sia già un attivista (ma in tal caso farebbe meglio ad impiegare il suo tempo in qualcosa di più utile) e la ripetibilità e la semplicità del meccanismo banalizzeranno una causa nobile. Perdipiù la vittoria nel giochino potrà produrre una catarsi, un sollievo derivato dalla risoluzione del conflitto (quello simulato ovviamente) analogo all'"happy end" dei film classici americani.
Un vero peccato: questo gioco avrebbe potuto dirci qualcosa di più sullo spazio sociale a rischio, avrebbe potuto spiegarci gli interessi economici che stanno dietro a questo sgombero e invece non comunica altro che la frustrazione degli autori di non essere in grado di scacciare così facilmente i poliziotti. Da non imitare.

06/14/04 | | | #